
La clonazione e le implicazioni morali

Il termine deriva dal greco antico κλών (klōn, “ramo", "ramoscello"), e per clonazione, in biologia, si intende la riproduzione asessuata, naturale o artificiale, di un intero organismo vivente o anche di una singola cellula. La clonazione consente di ottenere molte copie di un gene in seguito alla trasfezione di DNA ricombinante in cellule ospiti. Una cellulla transgenica ha acquisito DNA ricombinante e può essere riconosciuta grazie alla presenza di geni reporter, cioè geni di cui è facile individuare il fenotipo.
Le cellule ospiti possono essere procarioti (batteri) o eucarioti (lieviti o cellule di piante o animali) a seconda del gene che devono esprimere. Una volta entrato nella cellula ospite il DNA deve inserirsi in un replicone per potersi duplicare. I vettori che trasportano i frammenti di DNA all'interno della cellula ospite devono contenere un sito di restrizione, un gene reporter, duplicarsi in modo indipendente (sequenza ori) e avere dimensioni minori dei cromosomi dell'ospite. Possono essere: plasmidi, virus o cromosomi artificiali di lievito (YAC).
Le principali fonti da cui provengono i frammenti di DNA utilizzati nelle procedure di clonazione sono tre: i frammenti casuali di cromosomi conservati in biblioteche geniche (o genoteche), il DNA complementare e il DNA generato per sintesi artificiale o per mutazione.
Una genoteca si crea frammentando il genoma di una cellula e trasfettando le cellule ospiti con vettori contenenti i vari frammenti di DNA. Una biblioteca a DNA complementare (cDNA) si ottiene trasfettando le cellule ospiti con il cDNA ottenuto per trascrizione inversa a partire da RNA. Il DNA sintetico può essere usato per progettare un gene a partire da una proteina. Tecniche di mutagenesi permettono di indurre mutazioni nei geni per studiare i rapporti causa-effetto.
Nel 1997 il ricercatore Wilmut ottenne l'attenzione di tutta la comunità scientifica pubblicando un articolo sulla rivista Nature in cui annunciava di aver clonato una pecora a partire da una cellula adulta e non embrionale: si trattava di Dolly.
In Italia , la clonazione animale ha aperto il campo ad una serie di discussioni etiche sulle sue potenziali applicazioni in settori moralmente discutibili come l'eugenetica. La parola eugenetica a rigore fa riferimento allo studio dei metodi volti al perfezionamento della specie umana attraverso selezioni artificiali operate tramite la promozione dei caratteri fisici e mentali ritenuti positivi, o eugenici (eugenetica positiva), e la rimozione di quelli negativi, o disgenici (eugenetica negativa), mediante selezione o modifica delle linee germinali, secondo le tradizionali tecniche invalse nell'allevamento animale e in agricoltura basate sulla genetica mendeliana, e quelle rese attualmente o potenzialmente disponibili dalle biotecnologie moderne.

La disponibilità della completa sequenza del genoma e l'avanzamento delle biotecnologie ha fatto ipotizzare ad alcuni un pericolo di possibile selezione dei caratteri genetici dei nascituri. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (Carta di Nizza) all'art. 3 comma 2 impone il divieto delle pratiche eugenetiche.
Oltre alla succitata sterilizzazione chirurgica o farmacologica delle persone con menomazioni fisiche o psichiche, ipotetici strumenti di selezione eugenetica possono essere considerati:
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La manipolazione eugenetica del DNA
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L'utilizzo di banche del seme o degli embrioni, o la moltiplicazione di questi mediante fecondazione in vitro, se utilizzati al fine di conservare e diffondere i patrimoni genetici di "migliore qualità"
Il dibattito in Italia
Recentemente il termine eugenetica è stato anche ripreso da politici ed esponenti cattolici e conservatori per etichettare in modo negativo anche le tecniche di diagnosi preimpianto dell'embrione nei casi di fecondazione assistita e riguardo ai casi di aborto terapeutico.
L'ordinamento italiano, con la legge 40/2004, ha ritenuto in linea di principio inammissibili alcune pratiche in materia di procreazione medicalmente assistita:
« La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative »
(art.13 comma 2)
« Sono, comunque, vietati [...] ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo »
(art.13 comma 3b)
Nella stessa ottica, la legge n. 40 del 2004, art. 1 e art. 4 comma1, vietano il ricorso alla fecondazione assistita ai portatori di malattie genetiche. La fecondazione è ammessa nei soli casi di sterilità e infertilità di uno dei partner.
